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Risk Sharing Agreements e l’impatto sui sistemi sanitari

Introduzione

L’innalzamento dell’età media della popolazione e le aspettative di vita più lunghe rappresentano, allo stato attuale e negli anni che seguiranno, un onere sempre maggiore per i sistemi sanitari.

A ciò si aggiunga che, nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione Europea, il sistema sanitario prevede per i cittadini una copertura quasi integrale.

Tale previsione, inevitabilmente, non può che riflettersi anche nei rapporti tra istituzioni sanitarie e case farmaceutiche alle quali viene richiesto di dimostrare un rapporto qualità-prezzo più competitivo, ferme restando le tre principali caratteristiche che un farmaco deve possedere: qualità, efficacia e sicurezza.

I consumatori dei prodotti e dei servizi sanitari sono, infatti, sempre più alla ricerca di prove tangibili in relazione a benefici terapeutici ulteriori rispetto a quelli forniti attraverso il classico processo di controllo clinico randomizzato.

In particolare, si riscontra un aumento nella richiesta di prove sull’efficacia del confronto clinico, ossia sul come una nuova tecnologia possa essere confrontata con una già presente sul mercato.

I dati di questo crescente interesse sono dimostrati, ad esempio, dalle svariate proposte di riforma sanitaria negli Stati Uniti, dall’istituzione di uno schema dei prezzi dei farmaci previsto nel Regno Unito e dall’esplorazione di un migliore decision-making in Francia.

Invero, si riscontra un affidamento in costante crescita ad Health Tecnology Assessment Agencies (agenzie di valutazione delle tecnologie sanitarie – HTA) da parte di molti Stati Membri, al fine di ottenere una valutazione sul reale valore di mercato di nuovi medicinali.

Tuttavia, le informazioni disponibili nel momento del lancio sul mercato di un prodotto nuovo ed innovativo sono spesso carenti ed insufficienti.

L’aumento di tali incertezze sui potenziali benefici si riflette sulla tempestività con la quale le HTA decidono di prevedere il rimborso sul prodotto, causando ingenti perdite di entrare per i produttori del farmaco; ciò ha spinto le istituzioni sanitarie e i produttori ad esplorare nuove modalità in grado di massimizzare e rendere economico l’intero processo informativo.

In particolare, quando la prova di alta qualità dell’efficacia comparativa del farmaco non è dimostrabile in termini assoluti, le agenzie hanno previsto nuovi approcci che fondano la base del rimborso di un farmaco, di un dispositivo o di un trattamento sull’eventuale risultato realizzato su uno o più pazienti.

Per far fronte a tutte queste problematiche, i contribuenti sanitari nazionali, le HTA e le industrie farmaceutiche hanno deciso di cooperare tramite la sottoscrizione di accordi volti alla ripartizione del rischio.

Cosa sono i Risk Sharing Agreements?

L’obiettivo dei Risk Sharing Agreements è quello di condividere i rischi finanziari associati a medicinali nuovi e innovativi quando il valore di un prodotto non sia pianamente identificabile al momento del suo lancio sul mercato.

Sebbene questi accordi si manifestino in modi diversi e con nomi diversi a seconda del paese in cui si trovano ad essere negoziati e/o in base alle aziende che li intraprendono, lo scopo comune di associare il rimborso farmaceutico o la raccomandazione dell’adozione ai risultati sanitari li rende identificabili in modo univoco a livello europeo e globale.

I nomi più comunemente comparsi in letteratura riferibili al fenomeno sono:

  • Payment by results (PbR), ossia accordi di pagamento basati sul raggiungimento di determinati risultati;
  • Patient access schemes (PAS), basati sulle possibilità di accesso al farmaco da parte del paziente;
  • Performance-based risk sharing agreements (PbRSA), aventi ad oggetto la condivisione di un rischio basato sulla positività delle prestazioni;
  • Managed entry agreements (MEA), concernenti accordi sulla base dei quali vengono gestiti rimborsi e guadagni.

La letteratura evidenzia come negli ultimi 15 anni vi sia stato un aumento incrementale nel loro utilizzo, basato, almeno nelle prime fasi, su molteplici fattori.

Nella prassi il prezzo dei farmaci è variato notevolmente a seconda del paese in cui è stato fissato, ma ha tipicamente seguito uno schema basato sulle valutazioni poste in essere ex ante da produttori e contribuenti in merito ad una data tecnologia e sulle negoziazioni e gli sconti applicati da quest’ultimi.

La condivisione del rischio rappresenta un potenziale strumento per ridurre i costi complessivi sostenuti dai contribuenti a seguito del minore utilizzo del farmaco da parte di quei pazienti per i quali il farmaco stesso non si rivelato essere benefico.

Ciò, costringendo, quindi, i produttori ad aprirsi al mercato con nuove tecnologie ritenute maggiormente vantaggiose ed i cui risultati benefici dovranno poi essere dimostrati sul mercato.

Le ragioni del loro maggiore utilizzo

Nei primi anni 2000 il fenomeno dei Risk Sharing Agreements si inizia a diffondere in virtù della crescente richiesta da parte dei contribuenti sanitari nazionali di ricevere farmaci prezzati in base all’effettivo beneficio che erano in grado di garantire.

Tale approccio, definito Value Base Pricing (VBP), inizia ad essere considerato una valida strategia alternativa di fissazione dei prezzi e dei rimborsi.

In particolare, era previsto che qualora un farmaco non soddisfacesse le aspettative predefinite in termini di benefici sul paziente, l’azienda farmaceutica produttrice del farmaco somministrato aveva l’obbligo di rimborsarne i relativi costi alle autorità sanitarie.

Nel biennio 2007-2008, si assistette ad una diffusione “a macchia d’olio” di Risk Sharing Agreements e HTA nel Regno Unito: infatti, l’approccio del value based pricing inizio ad avere un vero e proprio supporto sostanziale a seguito della limitazione delle risorse sanitarie e del taglio del budget.

Le aziende farmaceutiche erano chiamare a dover dimostrare non soltanto la qualità, l’efficacia e la sicurezza, ma anche a fornire dati significativi sull’efficacia dei costi e sull’impatto del budget dei loro nuovi prodotti, più comunemente noto come “quarto ostacolo”.

La crisi economica del 2008 ha visto, quindi, il consolidarsi di un generale intento di contenimento dei costi, realizzato attraverso l’introduzione di prezzi di riferimento internazionali (IRP), tagli dei prezzi, sconti obbligatori, promozione dei farmaci generici, aumento dei co-pagamenti, un sistema di approvvigionamento pubblico più centralizzato e, infine, una riduzione della copertura con l’esclusione di alcuni farmaci dal rimborso.

L’approccio più comune alla condivisione del rischio rilevato all’interno della letteratura è quella in cui un produttore si impegna a rimborsare il costo di un trattamento inefficace per il contribuente sanitario, o fornire una corrispondenza quantità di terapia farmacologica gratuita per un altro paziente coperto dallo stesso sistema sanitario.

In questi accordi, il produttore assume il rischio che il suo farmaco non abbia un impatto benefico su uno o più pazienti, ed il contribuente paga solo per i farmaci che si traducono in migliori risultati di salute per il paziente stesso.

Un approccio alternativo alla condivisione del rischio viene previsto tramite la copertura con l’Evidence Development (CED).

In particolare, è stata messa in atto una copertura condizionale basata su un accordo del produttore per la raccolta di ulteriori dati del paziente per integrare i dati standard relativi ai sinistri.

Collegando il rimborso all’accettazione dell’azienda farmaceutica di produrre ulteriori prove del valore del prodotto, la CED consente a quest’ultime di immettere più velocemente i loro prodotti sul mercato ed ai contribuenti sanitari nazionali di ottenere tutte quelle informazioni riguardanti l’efficacia di cui hanno bisogno per avere la certezza che la nuova tecnologia debba continuare ad esser rimborsata nell’ambito del loro programma.

Diversi studi hanno evidenziato come le Health Tecnology Assessment Agencies abbiano di solito due opzioni per raggiungere un accordo sul prezzo di un farmaco e sullo status di rimborso:

  • ridurre il costo iniziale del trattamento (sconto finanziario) per soddisfare il rapporto costo-efficacia;
  • stipulare un PbRSA (basato sui risultati) per superare qualsiasi incertezza che il contribuente sanitario può avere riguardo alle prestazioni del prodotto nel mondo reale.

Tuttavia, la fiducia precedentemente risposta nei PbRSA stava diminuendo a causa dell’assenza di significativi esempi di successo derivanti dalla sua applicazione in termini di politiche del rimborso.

A partire dal 2013, infatti, la maggior parte dei nuovi schemi si fondava su una base finanziaria, dimostrando un allontanamento dai PbRSA per ridurre al minimo gli oneri amministrativi.

Era evidente che le difficoltà riscontrate nell’implementazione e nella valutazione dei PbRSA, soprattutto nel Regno Unito, avevano spostato l’attenzione sulle RSA più semplificate, basate sulla finanza.

In Italia, le RSA sono diventate una procedura standard per accedere al mercato, e secondo recenti studi l’AIFA e le risorse locali hanno valutato 82 terapie dal 2006 al 2015: più della metà delle terapie (59%) aveva un PbRSA, il 33% era di tipo finanziario e l’1% utilizzava entrambi gli schemi.

Secondo i dati, nel corso degli anni i PbRSA hanno lentamente sostituito gli RSA a base finanziaria ed hanno costituito il 78% del totale degli schemi applicati.

Sicuramente uno dei motivi dell’avvento dei PbRSA è stato il fatto che l’AIFA si basava in larga misura sui loro ampi registri di monitoraggio dei pazienti online; i registri di monitoraggio dell’AIFA consentono, infatti, la valutazione continua dei farmaci nella pratica clinica, consentono un accesso più rapido e promuovono l’innovazione a prezzi accessibili.

Lo scenario presente nell’Europa dell’Est si accosta a quello già analizzato in precedenza per il Regno Unito.

In particolare, in tale Area, le PbRSA risultavano essere più adatte ad un’applicazione nel mondo reale quando l’ostacolo da superare concerneva le incertezze relative all’efficacia dei costi; le RSA basate sulla finanza, invece, risultavano più confacenti alle esigenze del budget e del contenimento dei costi.

Conclusione

Lo scorso decennio si è reso protagonista del mutamento sul come le innovative tecnologie farmaceutiche debbano essere valutate, rimborsate ed infine immesse sul mercato al fine di migliorare la qualità dello stato di salute dei pazienti.

I Risk Sharing Agreements hanno rappresentato, e rappresentato tutt’ora, un valido strumento in grado di offrire a consumatori sanitari e produttori la possibilità di implementare sempre più nuove tecnologie farmaceutiche a vantaggio dei pazienti, pur condividendone i relativi rischi.

Il collegare l’ottenimento del rimborso del farmaco ai risultati positivi concretamente riscontrati, ha assicurato ai consumatori sanitari nazionali ed ai pazienti di ottenere maggiore certezza sulla qualità della terapia e soprattutto sul valore della spesa sostenuta.

Nonostante alcuni dei consumatori sanitari continuino a preferire la prova dell’efficacia comparativa del farmaco prima del suo ingresso sul mercato, in sua assenza, i Value based Pricing, i Risk Sharing Agreements, la copertura con Evidence Development continueranno a ricoprire un ruolo di primaria importanza nelle politiche dei rimborsi e dei pagamenti per le nuove tecnologie farmaceutiche.

La letteratura ha, infatti, dimostrato che questa tendenza è in costante crescita, con una traiettoria che nel futuro continuerà a puntare sull’ampliamento dei campi di applicazione di tali accordi.

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