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farmaci off label e coronavirus

Farmaci Off Label e Coronavirus: la legislazione a riguardo

Introduzione

Nel periodo a cavallo tra il 2019 e il 2020 ha iniziato a diffondersi, a livello mondiale, un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell’uomo il cui nome scientifico è SARS-CoV-2.

Per la prima volta l’Italia si trova davanti ad uno scenario del genere.

L’epidemia da Coronavirus ha spinto ognuno di noi a dover rimodulare, ridurre e limitare la propria vita quotidiana e, in particolare, a dover comprimere tutta una serie di diritti e libertà fondamentali per la tutela della salute individuale e collettiva.

Il virus in questione causa all’uomo la malattia più notoriamente denominata COVID-19, per la quale al momento non esistono vaccini né tantomeno trattamenti specifici; è un nemico invisibile, subdolo, anche nel suo nascondersi per qualche giorno prima di rivelare la sua scomoda e contagiosa presenza.

In tale situazione emergenziale è fondamentale il ruolo della medicina di supporto, per mitigare i sintomi della patologia.

Si ritiene pertanto quantomai necessario riportare alla luce un tema che da sempre non ha rivestito primaria importanza per dottrina e giurisprudenza, ossia la sperimentazione clinica e la somministrazione di farmaci off label.

Il termine off label tradotto letteralmente dall’inglese significa “al di fuori dell’etichetta”, ma nella prassi medica tale termine viene accostato ad un uso non convenzionale dei farmaci, al di fuori delle indicazioni terapeutiche per le quali è stata ottenuta la AIC, la autorizzazione alla immissione in commercio.

Si tratta, perciò, dell’utilizzo di farmaci già registrati ma con modalità diverse rispetto a quanto previsto dalle indicazioni di legge, cosi come riportato nelle schede tecniche e nei foglietti illustrativi, che può variare per quantità, qualità o metodo di conduzione della terapia.

Gestire un farmaco in maniera off label significa farne utilizzo in condizioni che differiscono da quelle per cui quel farmaco è stato autorizzato, somministrandolo ad es. a popolazioni diverse di pazienti, in termini di posologia diverse, di età ecc.

L’utilizzo off label di farmaci in Italia

Il COVID-19, essendo attualmente sprovvisto di qualsivoglia forma di vaccino, viene affrontato curandone i sintomi in modo da poterne favorire la guarigione (c.d. terapia di supporto).

Da circa la metà del mese scorso è iniziata la somministrazione ai pazienti affetti dal virus del Tocilizumab, farmaco approvato nel 2010 negli Stati Uniti per la cura dell’artrite reumatoide ma ora inserito dalla National Health Commission cinese nelle linee guida per il trattamento dei casi gravi da Coronavirus in virtù delle sue capacità di contrastare i danni conseguenza del COVID-19.

I miglioramenti riscontrati nei pazienti cinesi sottoposti a tale terapia hanno indotto un ospedale partenopeo a sperimentare il medicinale; ciò ha naturalmente portato l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a valutare il potenziale impatto che il farmaco, in termini di efficacia e sicurezza, possa avere attraverso un ampio studio di fase II.

Dal punto di vista giuridico

Nell’ambito della generale tematica della colpa medica, l’argomento delle responsabilità professionali dei sanitari derivanti dalla prescrizione di farmaci al di fuori di indicazioni, vie o modalità di somministrazione o dalle utilizzazioni specificamente autorizzate dal Ministero della Salute, costituisce una questione ancora in gran parte inesplorata dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Nonostante la preoccupazione per la sicurezza dei pazienti ed i costi a carico del sistema sanitario, in alcuni casi le prescrizioni off label si sono rivelate una valida alternativa terapeutica per patologie che non rispondono alle terapie correnti.

Ancora oggi, però, si continua a sapere poco sulla loro frequenza o sul livello di evidenza scientifica a supporto di tale pratica.

Tuttavia, è ben comprensibile che un virus di origine ignota venga contrastato con tutti gli strumenti possibili e, in particolare, con il ricorso a medicinali somministrati per la cura di altre malattie oppure con il c.d. uso compassionevole di prodotti farmaceutici, autorizzati e non, sottoposti a sperimentazione.

Per ciò che concerne l’impiego “fuori etichetta”, la normativa di riferimento è fornita dal D.L. n. 536 del 1996, convertito in Legge n. 648/1996 e dalla Legge n. 94/1998 (c.d. Legge Di Bella).

Il D.L. n. 536/1996, recante “Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l’anno 1996”, successivamente convertito nella L. n. 648/1996, introduce per la prima volta nel nostro ordinamento la possibilità di prescrivere e utilizzare, a carico del SSN, farmaci al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate dall’Autorità regolatoria.

L’art. 1, comma 4 dispone infatti che “…qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del SSN …i medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e i medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione Unica del Farmaco…” (C.U.F.) ”… conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa…”.

Sulla scorta di quanto sopra evidenziato, è stato stilato un elenco di medicinali erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, allo scopo di rispondere in maniera tempestiva a situazioni patologiche che hanno una carenza terapeutica e per le quali non esiste, dunque, una valida alternativa.

Tale elenco presenta una serie di requisiti che il farmaco deve possedere per esservi inserito:

  • deve essere un medicinale innovativo la cui commercializzazione sia autorizzata all’estero e non sul territorio nazionale;
  • deve essere sottoposto a sperimentazione clinica;
  • deve essere impiegato per un’indicazione terapeutica diversa rispetto a quella autorizzata.

Tuttavia, in tale situazione, l’interesse ad entrare in gioco si ritraccia nella possibilità di curare efficacemente il singolo paziente piuttosto che nell’ottenere l’abilitazione ufficiale del farmaco per prescrizioni ulteriori rispetto a quelle contenute nel foglietto illustrativo.

L’ambito esatto entro cui si può collocare la prescrizione off label di un farmaco viene definito nella Legge n. 94/2008 (c.d. Legge Di Bella), di conversione del D.L. n. 23/1998.

In particolare, l’art. 3, comma 1 statuisce che “fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie ed alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della Sanità”.

Nel caso di prescrizioni di medicinali off label la responsabilità del medico è piena: ne può rispondere con provvedimenti di natura amministrativa-disciplinare, civile e/o penale e per eventuali contenziosi insorti tra medico e paziente, sarà onere del prescrittore dimostrare le proprietà terapeutiche e sicurezza d’impiego di un medicinale.

Tuttavia, l’art. 3 al comma 2 precisa che “in singoli casi il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare il medicinale prodotto industrialmente per un’indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell’applicazione dell’art. 1, comma 4, del D.L. 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla Legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quell’indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale”.

Dalla lettura della norma summenzionata, si può notare come tale comma definisca gli ambiti entro i quali può legittimamente collocarsi la prescrizione off label dei farmaci, con l’indicazione di precise condizioni cui deve essere subordinata la sua attuazione.

In questo comma si accetta, di fatto, che il giudizio del Ministero possa essere in una certa misura surrogato o anticipato ma solo da un parere della comunità scientifica internazionale.

Tuttavia, lo sviluppo e la registrazione di un medicinale richiedono processi inevitabilmente lunghi; tale iato temporale risulta maggiorato in presenza di un virus, il COVID-19, la cui origine è ad oggi ancora sconosciuta.

Tale urgenza viene oltremodo evidenziata dalla scelta dell’AIFA di inserire a carico del SSN l’uso off label di alcuni medicinali utilizzati per il trattamento e la lotta contro il Coronavirus pur in presenza di soli dati preliminari di potenziale efficacia, non essendo possibile, in presenza di una simile emergenza, attendere risultanti più approfonditi.

Sperimentazione clinica e “uso compassionevole”

Le procedure per far fronte all’emergenza epidemiologica causata dal COVID-19 diventano più delicate quando toccano l’aspetto dell’impiego compassionevole di farmaci ancora in fase di sperimentazione.

Infatti, in tal caso, per accedere al farmaco, l’iter procedimentale richiede un parere favorevole da parte del Comitato Etico a cui afferisce il centro clinico e la conferma, da parte della casa farmaceutica che produce il medicinale, della disponibilità di una fornitura gratuita da sperimentare sul paziente.

Un esempio a tal proposito può essere fatto per il Remdesivir, pensato e testato dall’americana Gilead per contrastare il virus Ebola ed ora in fase di studio per la lotta contro il Coronavirus.

Tale farmaco attualmente non risulta autorizzato né dalla Food and Drug Administration né da qualsiasi altro organismo di controllo; infatti, il farmaco viene offerto ad uso compassionevole a tutti quei pazienti che non risultano coinvolti nell’alveo degli studi clinici di fase III, via primaria di accesso al medicinale.

Il Ministero della Salute con il Decreto del 7 settembre 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 novembre 2017 n. 256, ha disciplinato l’uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica.

Il Decreto è stato emanato per concedere la possibilità di adottare procedure che garantiscano al paziente, affetto da malattie rare o tumori rari, l’accesso rapido a terapie farmacologiche sperimentali e che forniscano indicazioni relative all’uso di medicinali sottoposti a sperimentazione clinica.

Tuttavia, cosi come per l’uso off label, anche per il c.d. uso compassionevole, sono previsti alcuni requisiti; infatti, i medicinali devono:

  • essere già oggetto, nella medesima specifica indicazione terapeutica, di studi clinici sperimentali, in corso o conclusi, di fase terza o, in casi particolari di condizioni di malattia che pongano il paziente in pericolo di vita, di studi clinici già conclusi di fase seconda;
  • avere dati disponibili sulle sperimentazioni di cui sopra che siano sufficienti per formulare un favorevole giudizio sull’efficacia e la tollerabilità del medicinale richiesto;
  • essere provvisti di Certificazione di produzione secondo le norme di buona fabbricazione (GMP).

Il ricorso all’uso compassionevole di un medicinale, rischioso in quanto privo dell’autorizzazione alla sua commercializzazione, deve, tuttavia, rappresentare un’eccezione concessa solo a quei pazienti per i quali non vi siano alternative terapeutiche o che versino in uno stato della malattia in cui vi sia pericolo di vita.

L’Agenzia Italiana del Farmaco, inoltre, ha recentemente approvato un protocollo, sottoposto alla revisione scientifica dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, per l’uso compassionevole del farmaco Ruxolitinib, già utilizzato in ambito ematologico, per i pazienti affetti da COVID-19.

L’annuncio proviene da Novartis Italia e riguarda il possibile utilizzo del farmaco in quei pazienti affetti dal virus con insufficienza respiratoria che non necessitano di ventilazione assistita invasiva.

L’art. 4 del D.M. del 7 settembre 2017 disciplina il processo autorizzativo del farmaco ad uso compassionevole stabilendo che: “la richiesta per l’impiego di medicinali di cui all’art. 1 deve essere previamente sottoposta, da uno dei medici di cui all’art. 3, alla valutazione del competente Comitato etico, corredata dai seguenti documenti: a) motivazione clinica della richiesta; b) schema posologico e modalità di somministrazione di cui è stata dimostrata sicurezza e attività nelle sperimentazioni cliniche sulle quali si fonda la richiesta; c) grado di comparabilità dei pazienti inclusi nelle sperimentazioni cliniche e di coloro per i quali è formulata la richiesta o, per le sole malattie e tumori rari, la sussistenza almeno di un comune meccanismo d’azione che renda prevedibile un beneficio clinico sulla base delle evidenze disponibili per il medicinale; d) dati pertinenti relativi alla sicurezza, alla tollerabilità e all’efficacia; e) modello di informazione al paziente; f) dichiarazione di disponibilità dell’azienda produttrice alla fornitura gratuita del medicinale; g) modalità di raccolta dati; h) dichiarazione di assunzione di responsabilità al trattamento secondo protocollo da parte del medico richiedente. Il Comitato etico, valutata la richiesta, può operare anche mediante procedura di urgenza. Il Comitato etico trasmette digitalmente all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) il proprio parere, corredato dalla relativa documentazione, entro tre giorni dall’adozione del parere stesso, per attività di monitoraggio sui diversi usi nominali e programmi di uso compassionevole attivati sul territorio. L’AIFA, ove ne ravvisi la necessità per la tutela della salute pubblica, può intervenire in modo restrittivo e sospendere o vietare l’impiego del medicinale di cui al presente decreto. Le modalità di trasmissione del parere e della documentazione di cui al comma 3 sono indicate dall’AIFA con determina, pubblicata sul proprio sito istituzionale. L’Usmaf Sasn territorialmente competente consente l’ingresso del medicinale dall’estero, dietro presentazione di apposita istanza corredata da una copia del favorevole parere reso dal Comitato etico, secondo le modalità previste dal decreto del Ministro della sanità 11 febbraio 1997, recante «Modalità di importazione di specialità medicinali registrate all’estero», citato in premessa.

Tuttavia, in presenza dell’attuale situazione emergenziale, definita dal OMS come pandemia, l’iter procedimentale previsto dal D.M. cede il passo ad una maggiore flessibilità per permettere un accesso più celere al farmaco.

Invero, tale logica è stata prevista per tutti i presidi farmacologici che sembrano presentare risultati positivi per il trattamento del virus SARS-CoV-2, istituendo per quest’ultimi percorsi autorizzativi accelerati.

La ratio alla base di tale strategia operativa è da rintracciarsi nel tentativo di garantire la massima trasparenza ed efficienza nella programmazione delle tempistiche relative alla valutazione e avvio delle sperimentazioni, ovviando a quelle che, allo stato di fatto, siano procedure burocratiche irrilevanti.

Vi sono emergenze, al pari di quella in cui oggi versa il mondo intero, che non possono tollerare i tempi inevitabilmente lunghi richiesti dalla validazione della ricerca, della sperimentazione pre-clinica e delle varie fasi della sperimentazione clinica.

Quanto sopra descritto ed analizzato permette di comprendere come il dato normativo in tema di cure sperimentali e compassionevoli sia capace di offrire validi strumenti per fronteggiare il quadro emergenziale in costante evoluzione.

Un dato normativo che, grazie alla sua capacità di adattarsi alla realtà del momento, è in grado di fornire una valida risposta alle difficoltà in cui attualmente versa il sistema farmaceutico, prevedendo, in caso di necessità, un tempestivo ed uniforme acceso alle terapie farmacologiche.

Il COVID-19 non è il primo e non sarà l’ultimo dei problemi sanitari che il mondo globalizzato e interconnesso ci restituirà con puntualità sempre più ravvicinata. Succederà ancora.

L’Italia, però, non si è fatta trovare impreparata, anzi, ha dimostrato un modus operandi nella gestione del virus replicato in tutto il resto d’Europa.

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