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reati tributari confisca allargata

Nuovi reati tributari: la confisca allargata a tutte le imprese

ComplianceDicembre 15, 2019

È in questi giorni all’esame della Camera dei deputati il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 124 del 2019, entrato in vigore il 27 ottobre 2019, che contiene disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili (AC 2220).

I primi quattro Capi del decreto-legge contengono norme di natura tributaria. Il Capo V contiene invece disposizioni eterogenee, emanate per esigenze indifferibili.

Con riguardo alla disciplina penale in materia tributaria e della responsabilità amministrativa degli enti, il Capo IV del decreto-legge è costituito dal solo articolo 39, che inasprisce le pene per i reati tributari e abbassa alcune soglie di punibilità; introduce inoltre, in caso di condanna, la confisca dei beni di cui il condannato abbia disponibilità per un valore sproporzionato al proprio reddito (c.d. confisca allargata).

La disposizione modifica, inoltre, la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, per prevedere specifiche sanzioni amministrative quando alcuni reati tributari sono commessi a vantaggio dell’ente. Le disposizioni dell’art. 39 sono destinate ad avere efficacia solo dopo la conversione in legge del decreto in commento.

Soffermandoci adesso sulla nuova disciplina della confisca allargata, la lettera q) inserisce nel decreto legislativo n. 74 del 2000 l’articolo 12-ter, in forza del quale è consentita tale tipologia di confisca.

Si ricorda che il d.lgs. n. 74/2000 già prevede, all’art. 12-bis, la confisca penale obbligatoria anche per equivalente: in caso di condanna (o patteggiamento della pena) per un delitto in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca per equivalente, cioè di beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario, anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta.

Il nuovo articolo 12-ter prevede, in caso di condanna (o patteggiamento della pena) per alcuni delitti in materia di imposte sui redditi e IVA, l’applicazione della c.d. confisca allargata di cui all’art. 240-bis del codice penale e dunque la possibilità di confiscare denaro, beni o altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.

L’art. 240-bis è stato inserito nel codice penale dal d.lgs. n. 21 del 2018, in attuazione della delega sulla riserva tendenziale di codice nella materia penale (legge n. 103 del 2017) e disciplina la confisca c.d. allargata, diretta e per equivalente, già prevista all’art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992.

Nella confisca allargata, che trova la sua origine nella lotta alla criminalità organizzata, viene meno il nesso di pertinenzialità o di continenza tra res sequestrata e reato, per aggredire invece l’intera ricchezza non giustificata ritenuta frutto dell’accumulazione illecita ai sensi di una presunzione legale.

L’art. 240-bis c.p. prevede infatti che – in relazione a specifici gravi reati, tra i quali quelli attribuiti alla competenza della procura distrettuale, i delitti contro la pubblica amministrazione e alcune ipotesi di associazione a delinquere – sia sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, salvo che l’obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. La confisca allargata può essere effettuata anche per equivalente, attraverso l’apprensione di altre somme di denaro, di beni e altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona.

Attualmente, la confisca allargata si può applicare in caso di condanna per uno dei seguenti reati: associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone (art. 416, 6° co., c.p.), riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi (artt. 600, 601, 602), associazione di tipo mafioso (art. 416 bis), estorsione (art. 629), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630), usura (art. 644), ricettazione (art. 648, 1° co.), riciclaggio (art. 648 bis), trasferimento fraudolento di valori (art. 12-quinques, 1° co., L. 7.8.1992, n. 356); ovvero per taluno dei reati relativi al traffico di sostanze stupefacenti previsti dall’art. 73 (escluse le fattispecie di lieve entità) e dall’art. 74 TU stupefacenti; e inoltre per uno dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p., ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; nonché per il delitto in materia di contrabbando nei casi di cui all’art. 295, 2° co., D.P.R. 23.1.1973, n. 43, e per delitti in materia di terrorismo anche internazionale.

Inoltre, con la legge finanziaria 2007 sono stati inseriti fra i delitti sopra elencati anche quelli dei pubblici ufficiali contro la P.A. (artt. 314, 316, 316 bis, 316 ter, 317, 318, 319, 319 ter, 320, 322, 322 bis, 325); con la legge n. 99 del 2009 è stato aggiunto il delitto di cui all’art. 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli artt. 473, 474, 517 ter e 517 quater; con la legge n. 172 del 2012 sono stati aggiunti i delitti di cui agli artt. 600-bis, 1° co., 600-ter, 1° e 2° co., 600- quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies; con la legge n. 190 del 2012 è stato aggiunto il delitto di cui all’art. 319 quater; con la legge n. 68 del 2015 sono stati aggiunti i delitti di cui agli artt. 452-quater, 452-octies, 1° co. e 260 del Codice dell’ambiente (ora art. 452-quaterdecies c.p.). Da ultimo, con la legge n. 199 del 2016 è stato inserito il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.); con il d.lgs. n. 202 del 2016 sono stati inseriti il delitto di associazione per delinquere (art. 416), realizzato allo scopo di commettere i delitti previsti dagli artt. 453, 454, 455, 460, 461; il delitto di autoriciclaggio (art. 648 ter.1); il delitto di corruzione tra privati (art. 2635 c.c.); il delitto di uso indebito di carta di credito (art. 55, 9° co., D.Lgs. 21.11.2007, n. 231); i delitti di cui agli artt. 617-quinquies, 617- sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies quando le condotte ivi descritte riguardano tre o più sistemi.

Per la giurisprudenza, la confisca allargata si basa su di “un’insindacabile scelta politico criminale, una presunzione iuris tantum d’illecita accumulazione, nel senso che il provvedimento ablatorio incide su tutti i beni di valore economico non proporzionato al reddito o all’attività economica del condannato e dei quali questi non possa giustificare la provenienza, trasferendo sul soggetto, che ha la titolarità o la disponibilità dei beni, l’onere di dare un’esauriente spiegazione in termini economici (e non semplicemente giuridico-formali) della positiva liceità della loro provenienza, con l’allegazione di elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica in tema di diritti reali, possessori e obbligazionari, siano idonei a vincere tale presunzione” (cfr. Cass., Sez. I, 13.5.2008; Cass., S.U., 17.12.2003 e, più di recente Cass., Sez. I, 6.6- 30.7.2018, n. 36499).

La disciplina concernente il procedimento applicativo della confisca allargata e l’amministrazione dei beni è ora contenuta nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (artt. 104-bis e 183-ter). Tali disposizioni consentono il sequestro preventivo dei beni confiscabili e rimandano per l’amministrazione dei beni e la tutela dei terzi al Codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011, artt. 52 e ss.).

La Cassazione ha affermato che, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili, è necessario accertare, quanto al fumus commissi delicti, l’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato, di uno dei reati in esso indicati e, quanto al periculum in mora, la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (Cass., Sez. VI, 24.3.2015, n. 26832).

Il decreto-legge, dunque, integra l’elenco dei delitti per i quali il legislatore consente la confisca allargata con i reati tributari di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, che presentino specifiche caratteristiche di offensività. In particolare, a seguito dell’esame in sede referente, la confisca allargata è consentita solo in relazione a delitti caratterizzati da condotte fraudolente.

L’art. 12-ter, d.lgs. 74/2000, infatti, precisa che si applica l’art. 240-bis c.p. solo in caso di condanna (o patteggiamento di pena) per i seguenti delitti e in presenza di specifici presupposti:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, d.lgs. n. 74/2000), quando l’ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro (il testo originario del decreto-legge prevedeva la più bassa soglia di 100mila euro);
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, d.lgs. n. 74/2000), quando l’imposta evasa è superiore a 100.000 euro;
  • emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8, d.lgs. n. 74/2000) quando l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture è superiore a 200.000 euro (anche in questo caso il testo originario del D.L. prevedeva una soglia di 100.000 euro);
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000) quando l’ammontare delle imposte, delle sanzioni e interessi è superiore a 100.000 euro ovvero quando l’ammontare degli elementi attivi o passivi fittizi è superiore all’ammontare effettivo di oltre 200.000 euro. Quest’ultima soglia è stata così elevata, rispetto ai 100mila euro previsti dal decreto-legge, nel corso dell’esame del ddl in Commissione.

La Commissione è inoltre intervenuta sul testo del decreto-legge per escludere la confisca allargata per:

  • il delitto di dichiarazione infedele (art. 4, d.lgs. n. 74/2000);
  • il delitto di omessa dichiarazione del contribuente (art. 5, co. 1, d.lgs. n. 74/2000) e di omessa dichiarazione del sostituto d’imposta (art. 5, co. 1-bis, d.lgs. n. 74/2000) quando l’imposta evasa e le ritenute non versate siano superiori a 100.000 euro;
  • il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, d.lgs. n. 74/2000);
  • il delitto di indebita compensazione (art. 10-quater, d.lgs. n. 74/2000) quando ha ad oggetto crediti non spettanti o inesistenti superiori a 100.000 euro. Le previsioni del decreto-legge che consentivano anche in questi casi la confisca allargata sono state soppresse.

A completamento dell’introduzione dell’istituto della confisca allargata per i reati tributari, la Commissione Finanze ha specificato (comma 1-bis) che tale istituto potrà essere applicato solo in relazione a fatti commessi dopo l’entrata in vigore della riforma.

Il legislatore riconduce dunque questo istituto al diritto penale sostanziale, escludendo una applicazione retroattiva, sfavorevole al reo.

Nel corso dell’esame in sede referente è stata introdotta una ulteriore lettera q-bis) attraverso la quale si modifica l’articolo 13 del decreto legislativo n. 74 del 2000, che consente la non punibilità di alcuni reati tributari a fronte del tempestivo pagamento del debito tributario.

In particolare, l’art. 13 prevede la non punibilità:

  • dei reati di omesso versamento di ritenute (art. 10-bis) o di IVA (art. 10-ter) e di indebita compensazione (art. 10-quater) se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari (comprese sanzioni amministrative e interessi), sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti. A tal fine possono essere applicate le speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché il ravvedimento operoso (comma 1);
  • dei reati di dichiarazione infedele (art. 4) e omessa dichiarazione (art. 5) se i debiti tributari (comprese sanzioni e interessi), sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, purché il ravvedimento o la presentazione della dichiarazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali (comma 2). Se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario è in fase di estinzione mediante rateizzazione, è concesso un termine di 3 mesi per il pagamento del debito residuo e la prescrizione è sospesa.

Il provvedimento interviene sul comma 2 per aggiungere – tra i reati che si estinguono con l’integrale pagamento del debito tributario prima che l’interessato abbia notizia dell’apertura del procedimento a suo carico – il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 del d.lgs. n. 74/2000) e il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 del d.lgs. n. 74/2000).

Con riguardo al tema della responsabilità da reato degli enti ex d.lgs. 231/2001, il comma 2 dell’articolo 39, ampliato nel corso dell’esame in Commissione, introduce nel decreto-legislativo n. 231 del 2001 la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in relazione alla commissione di reati tributari.

In particolare, il decreto-legge inserisce l’articolo 25-quinquiesdecies nel catalogo dei reati che, in base al decreto legislativo n. 231/2001, costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli enti.

La previsione originaria del decreto-legge – che prevede sanzioni amministrative solo a fronte della commissione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti – è stata integrata nel corso dell’esame in sede referente, prevedendo nell’AC. 2220-A a carico dell’ente le seguenti sanzioni amministrative.

REATO (d.lgs. n. 74/2000) SANZIONE AMMINISTRATIVA PECUNIARIA
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti che determinano un passivo fittizio uguale o superiore a 100 mila euro (art. 2, co. 1). Fino a 500 quote
Dichiarazione fraudolenza mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti che determinano un passivo fittizio inferiore a 100 mila euro (art. 2, co. 2-bis, introdotto dal DL). Fino a 400 quote
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3). Fino a 500 quote
Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti per importi uguali o superiori a 100 mila euro (art. 8, co. 1). Fino a 500 quote
Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti per importi inferiori a 100 mila euro (art. 8, co. 2-bis). Fino a 400 quote
Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10). Fino a 400 quote
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11). Fino a 400 quote

 

Tutte le sanzioni sono aumentate di un terzo se, a seguito del reato tributario, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità (art. 39, comma 2).

Inoltre, agli enti si applicano anche le seguenti sanzioni interdittive:

  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  • l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
  • il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Si ricorda, che la Direttiva UE 2017/1371, c.d. Direttiva PIF relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale – la cui attuazione nell’ordinamento è prevista dall’art. 3 della recente legge di delegazione europea 2018 (L. 4 ottobre 2019, n. 117) – demanda agli Stati membri di prevedere la responsabilità delle persone giuridiche che abbiano tratto beneficio dalla consumazione di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, qualora tali reati siano stati commessi da parte dei membri apicali delle stesse, ovvero a seguito dell’omissione di controlli da parte dei vertici societari (art. 6).

Infine, il comma 3 individua per le disposizioni dettate dall’art. 39 una efficacia temporale diversa da quella prevista per l’intero decreto-legge dall’art. 60 (in base al quale il D.L. entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, v. infra).

Le disposizioni dell’art. 39, relative alla modifica delle norme penali (comma 1), alla confisca allargata e alla previsione della responsabilità amministrativa degli enti (comma 2) si applicheranno infatti solo dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del decreto-legge.

Si ricorda, inoltre, che le disposizioni sulla confisca allargata, per espressa disposizione normativa, potranno applicarsi solo ai fatti commessi dopo l’entrata in vigore della riforma.

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