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Codice Etico e Modello 231

Codice Etico e Modello organizzativo d.lgs. 231/2001

ComplianceFebbraio 26, 2019

I codici etici sono, anzitutto, documenti voluti e approvati dal massimo vertice dell’ente – amministratore unico, consiglio d’amministrazione, ecc. – e portati a conoscenza dell’intera organizzazione aziendale, perché vengano recepiti e applicati.

Essi esplicano la loro massima funzione a seguito dell’adozione di un Modello organizzativo ex art. 6, d.lgs. 231/2001, e vengono comunemente ritenuti il punto di partenza per la sua redazione.

In generale il codice etico deve prescrivere il rispetto assoluto della normativa applicabile, non solo quella legale ma anche quella derivante dai principi di correttezza che regolano l’attività dell’ente. Così, è senz’altro possibile che una violazione del codice etico non integri gli estremi di un reato, ovvero non determini responsabilità diretta dell’ente medesimo, secondo i principi di cui al citato d.lgs. n. 231; nondimeno, il codice etico consentirebbe all’ente di reagire – mediante l’applicazione di sanzioni disciplinari o contrattuali – facendo riferimento ai principi generali di rispetto della legge, di correttezza e di lealtà del lavoratore, nel caso si verifichino condotte comunque contrarie a tali principi.

L’adozione di principi etici rilevanti ai fini, non solo della prevenzione dei reati 231, ma dell’intera funzionalità aziendale, costituisce un elemento essenziale del sistema di controllo preventivo. In termini generali, come affermato anche da Confindustria, i codici etici sono documenti ufficiali dell’ente che contengono l’insieme dei diritti, dei doveri e delle responsabilità dell’ente nei confronti dei “portatori d’interesse” (dipendenti, fornitori, clienti, PA, stakeholders, mercato finanziario, ecc.). Tali codici mirano a raccomandare, promuovere o vietare determinati comportamenti, indipendentemente da quanto previsto a livello normativo, e possono prevedere sanzioni proporzionate alla gravità delle eventuali infrazioni commesse.

Il Codice etico dovrebbe focalizzarsi sui comportamenti illeciti rilevanti ai fini del decreto 231 e andrebbe distintamente formulato in relazione alla generalità delle fattispecie di reato doloso rispetto ai reati a tutela della salute e sicurezza sul lavoro (colposi) e dell’ambiente.

 

Contenuti minimi del Codice etico

Ogni dipendente dell’ente dovrebbe impegnarsi al rispetto delle leggi e dei regolamenti vigenti in tutti i paesi in cui l’ente opera. Tale impegno dovrebbe valere anche per i consulenti, fornitori, clienti e per chiunque abbia rapporti con l’ente. Quest’ultimo non dovrebbe iniziare o proseguire nessun rapporto con chi non intenda allinearsi a questo principio.

L’ente dovrà assicurare un adeguato programma di formazione e sensibilizzazione continua sulle problematiche attinenti al codice etico.

Riguardo alle operazioni finanziarie, ogni operazione e transazione deve venire correttamente registrata, autorizzata, essere verificabile, legittima, coerente e congrua. Tutte le azioni e le operazioni dell’ente dovrebbero sottostare al principio di “segregazione”: oltre ad avere una registrazione adeguata, dovrebbe essere possibile la verifica del processo di decisione, autorizzazione e di svolgimento di ogni decisione.

Per ogni operazione vi dovrebbe quindi essere un supporto documentale idoneo a consentire, in ogni momento, l’effettuazione di controlli che attestino le caratteristiche e le motivazioni dell’operazione e si possa individuare chi ha autorizzato, effettuato, registrato e verificato l’operazione stessa.

Con riguardo ai rapporti con gli interlocutori dell’ente – come ad esempio uffici della PA, ma anche interlocutori commerciali privati, è d’obbligo che il codice etico vieti qualsiasi atto di corruzione o concussione fatto o subito direttamente da enti italiani o da loro dipendenti, sia tramite persone che agiscono per conto di tali enti, sia in Italia che all’estero.

Quando è in corso una qualsiasi trattativa, richiesta o rapporto con la PA, il personale dell’ente non deve cercare di influenzare impropriamente le decisioni della controparte, comprese quelle dei funzionari che trattano o prendono decisioni per conto della PA.

Tali regole e principi valgono anche nei confronti di tutti i consulenti o soggetti “terzi” che rappresentano gli interessi della PA e che vengono in contatto con l’ente. Inoltre, l’ente non dovrà farsi rappresentare, nei rapporti con la PA, da un consulente o da un soggetto “terzo” quando si possano creare conflitti d’interesse. Possono inoltre sussistere divieti legati ad assumere, alle dipendenze dell’ente, ex impiegati della Pubblica Amministrazione (o loro parenti), che abbiano partecipato personalmente e attivamente a trattative o a rapporti anche passati con l’ente.

In relazione ai reati colposi commessi in violazione delle norme sulla sicurezza nei posti di lavoro, l’impresa dovrebbe esplicitare e rendere noti i principi e criteri fondamentali in base ai quali, anche alla luce dell’articolo 15 del decreto 81 del 2008, vengono prese le decisioni, di ogni tipo e ad ogni livello, in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tali principi e criteri possono così individuarsi:

  • eliminare i rischi e, ove ciò non sia possibile, ridurli al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnologico;
  • valutare tutti i rischi che non possono essere eliminati;
  • ridurre i rischi alla fonte;
  • rispettare i principi ergonomici e di salubrità nei luoghi di lavoro nell’organizzazione delle attività dell’ente;
  • programmare le misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e buone prassi;
  • dare la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
  • impartire adeguate istruzioni ai lavoratori.

In relazione alle attività a possibile impatto ambientale, il Codice etico dovrebbe enunciare l’impegno dei vertici aziendali a rispettare la legislazione in materia ambientale e ad attuare misure preventive per evitare o quantomeno minimizzare l’impatto ambientale.

In particolare, nel Codice etico l’impresa potrebbe prendersi l’impegno di:

  • adottare le misure atte a limitare e – se possibile – annullare l’impatto negativo dell’attività economica sull’ambiente;
  • privilegiare l’adozione di misure atte a prevenire, piuttosto che curare, eventuali pregiudizi all’ambiente;
  • programmare un accurato e costante monitoraggio dei progressi scientifici e dell’evoluzione normativa in materia ambientale;
  • promuovere i valori della formazione e della condivisione dei principi del codice tra tutti i soggetti operanti nell’impresa.

 

Sistema disciplinare e rapporti con i terzi

Un punto qualificante nella costruzione del modello è costituito dalla previsione di un adeguato sistema sanzionatorio per la violazione delle norme del Codice etico, nonché delle procedure previste dal modello. Infatti, per valersi dell’efficacia esimente del modello, l’ente deve assicurarsi che questo sia adottato, ma anche efficacemente attuato. È inoltre importante precisare che il codice etico spiega automaticamente i suoi effetti nei confronti del personale in quanto atto di autoregolamentazione dell’impresa. Non così però nei confronti dei soggetti vincolati all’ente da rapporti non subordinati, come i fornitori. In queste ipotesi dovrebbe essere prevista e accettata una clausola contrattuale espressa e idonea a rendere vincolante le affermazioni di principio contenute nel codice etico.

Infine, va ricordato che il codice etico è elemento necessario per la “compliance 231” ma non sufficiente: il Modello organizzativo, invero, fonda la sua possibile efficacia esimente soprattutto su altri elementi, come la mappatura dei rischi di reato, le procedure aziendali, l’istituzione dell’Organismo di Vigilanza e di un sistema disciplinare.

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