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Ruolo del committente e dell’appaltatore e la Sentenza normativa 231/2001

Ruolo del committente e dell’appaltatore e la sentenza normativa 231/2001

Da sempre discussi, da diverse angolazioni visuali, i rapporti intercorrenti tra le figure centrali risultanti a seguito della elaborazione e sottoscrizione di un contratto di appalto.

Dottrina e giurisprudenza si sono molto spesso interrogate sulle molteplici ed eterogenee questioni insorgenti da tale rapporto negoziale, involgenti, in particolare, questioni civilistiche e penalistiche. E proprio su tale ultimo ordine di questioni che la IV sezione penale della Corte di Cassazione è intervenuta per dissolvere taluni dubbi interpretativi. L’intervento della Suprema Corte, in particolare, ha una rilevanza significativa per quanto riguarda la latitudine operativa della nota disciplina della responsabilità amministrativa dipendente da reato delle persone giuridiche, normativamente rappresentata dal d.lgs. 231/2001.

Procedendo ordinatamente si può affermare come la vicenda muova dalle gravi lesioni personali occorse ad un dipendente di una società che operava in campo edile come subappaltatrice di altra, il cui amministratore delegato, in quanto ricoprente posizione apicale all’interno della società appaltatrice, era stato condannato, riconoscendo pertanto la penale responsabilità del medesimo, in primo grado dal Tribunale di Firenze, sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello del capoluogo toscano.

La culpa in eligendo

La dichiarazione di responsabilità si fondava essenzialmente sul riconoscimento di una culpa in eligendo, muovendosi all’amministratore il rimprovero di aver affidato la esecuzione dei lavori in subappalto ad una società che risultava inidonea allo svolgimento di questi in condizioni di sicurezza per i propri dipendenti, tollerando, all’interno dei cantieri in cui operavano questi ultimi, comportamenti ed attività estremamente imprudenti od imperite, contravvenendo pacificamente alle disposizioni contenute all’interno del d.lgs. 81/2008.

Proprio la mancata adozione, da parte della società di cui l’imputato risultava essere amministratore delegato al momento dell’affidamento del subappalto alla società inidonea, dei moduli organizzativi indispensabili per garantire modalità di controllo per la scelta dei subappaltatori e di verifica del rispetto, da parte specialmente di questi ultimi, delle condizioni di sicurezza nell’espletamento dei lavori, aveva fondato, per i giudici di prime e seconde cure, la responsabilità ex artt. 5 e 25-septies d.lgs. 231/2001 per la consumazione di un illecito amministrativo dipendente da reato. Il difensore dell’imputato condannato nei due gradi di giudizio di merito, avanzava successivamente ricorso per Cassazione, minimizzando il ruolo concretamente svolto dalla società appaltatrice e, in virtù del ruolo amministrativo ricoperto dal proprio patrocinato, anche dallo stesso imputato assistito. La difesa affermava, difatti, come la società amministrata da questo risultava espletare funzioni esclusivamente di coordinamento, tanto del proprio lavoro, quanto di quello dei subappaltatori, dovendosi non ritenere fondata la responsabilità per fatti fondanti la sola responsabilità della società in subappalto.

La questione giungeva, pertanto e come detto, innanzi alla IV sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, che rigettava il ricorso presentato, palesandone l’infondatezza. Riteneva infatti, la Corte, come la sentenza emanata in primo grado di giudizio e confermata dalla Corte d’Appello, risultava essere perfettamente aderente ai principi di diritto rinvenibili negli indirizzi giurisprudenziali nomofilattici formatosi sulla questione.

Non limitandosi a ritenere, in fatto, correttamente emanata la sentenza di condanna nei confronti dell’amministratore delegato della società appaltante, in forza della posizione ricoperta e dei controlli svolti nei confronti della subappaltatrice, i giudici di piazza Cavour si sono spinti oltre, esprimendo un ulteriore principio di diritto sul tema.

 

La posizione di garanzia del committente

La IV sezione infatti ha stabilito che in tema di infortuni sul lavoro, il committente debba essere identificato come titolare (rectius: gravato) di una posizione di garanzia, idonea di per sé a fondare la sua responsabilità per eventuali lesioni e danni occorsi a causa di un omesso o carente controllo espletato nei confronti del subappaltatore circa la mancata adozione, da parte di questo, delle misure di sicurezza necessarie a tutelare la salute e l’incolumità dei lavoratori sul posto di lavoro, anche e specialmente quando si manifesti una situazione di pericolo facilmente percepibile e non meramente occasionale.

Pertanto il giudice nomofilattico ha esplicitamente individuato una posizione di garanzia nei confronti della società appaltatrice che si avvalga, per l’espletamento dei lavori oggetto del contratto di appalto, di un subappaltatore, di fatto estendendo soggettivamente la responsabilità per eventuali lesioni derivanti dalla violazione delle normative in materia di sicurezza sul posto di lavoro. La sentenza che ha dichiarato fondata la pronuncia di responsabilità ex d.lgs. 231/2001 consolida un duplice effetto: da un lato, rafforza, come detto, la protezione dei lavoratori, estendendo il novero dei soggetti chiamati a rispondere delle eventuali lesioni prodotte dal mancato rispetto degli obblighi normativi tesi a tutela la sicurezza dei lavoratori medesimi, dall’altro responsabilizza la figura della società appaltatrice nella scelta dei soggetti a cui affidare in tutto o in parte la realizzazione dei lavori oggetto del contratto di appalto, fondandone una posizione di garanzia e dando ulteriore concretizzazione al noto brocardo ius commoda eius et incommoda.

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