0
cbam cosa è e come funziona

Carbon Border Adjustment Mechanism: cos’è, come funziona e cosa implica

AmbientaleGennaio 13, 2024

Nel corso degli ultimi anni, l’Unione Europea ha avviato un intenso processo di ristrutturazione del proprio modello di sviluppo economico, con l’obiettivo di riallineare i ritmi produttivi con le esigenze di sostenibilità ambientale e sociale. Il nuovo disegno di sviluppo europeo – che ha nel Green Deal la sua matrice essenziale – si compone di innumerevoli strategie d’azione, spesso elaborate sottoforma di riforme normative.

Ne costituisce un esempio il Regolamento (UE) 2023/956 del 10 maggio 2023, che istituisce il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism, c.d. CBAM). Questo strumento consiste in un’imposta indiretta destinata al bilancio dell’Unione Europea che viene applicata a determinate tipologie merci provenienti da Paesi terzi nel momento in cui fanno ingresso nel territorio doganale europeo in ragione del “quantum” di emissioni di gas serra incorporati nelle merci stesse (art. 1, par. 1).

Nelle intenzioni del legislatore europeo, attraverso l’attuazione di un simile strumento tributario, l’Unione intende, da un lato, contribuire direttamente al raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi, incentivando la riduzione delle emissioni da parte degli operatori nei Paesi terzi che intendono commerciare nel territorio europeo (si veda in tal senso il considerando 10) e, dall’altro, intende prevenire il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a fronte dell’aumento dei costi richiesti dai nuovi requisiti ambientali di produzione imposti dall’Unione stessa.

Il CBAM consiste, dunque, di un dazio doganale che assume, però, innovativi tratti “ambientali”. Esso si inserisce, infatti, all’interno delle strategie europee di contrasto al cambiamento climatico, come definite, in particolare, dal pacchetto “Fit for 55”, che prevede la riduzione delle emissioni di anidride carbonica di almeno il 55% entro il 2030, in vista del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.

Il sistema CBAM non riguarda, infatti, qualsiasi merce, ma solo quelle merci che presentano una maggiore capacità di impattare negativamente sulla produzione di gas serra, ossia cemento, energia elettrica, fertilizzanti minerali e chimici, ferro e acciaio, alluminio e idrogeno.

Terminato il periodo transitorio di applicazione del nuovo meccanismo doganale (che va dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2025), che prevede essenzialmente adempimenti informativi, gli operatori che intendono importare le merci “climaticamente impattanti” nel mercato europeo dovranno presentare domanda di autorizzazione per ottenere la qualifica di “dichiarante CBAM autorizzato” (art. 5).

L’operatore autorizzato sarà tenuto annualmente a presentare la “dichiarazione CBAM”, con la quale si dà indicazione del quantitativo di merci importato e del corrispondente valore di carbonio che esso esprime, nonché del numero di certificati CBAM da restituire (art. 6).

Il dichiarante autorizzato potrà acquistare dallo Stato membro in cui è stabilito i “certificati CBAM” (art. 20), necessarie per poter immettere in libera pratica le merci gravate dal CBAM.. A cadenza annuale fissata, il dichiarante CBAM autorizzato sarà tenuto a restituire un numero di certificati CBAM corrispondente alle emissioni incorporate, come risultanti dalla dichiarazione CBAM presentata (art. 22).

Questo sistema ricalca il modello del mercato dei certificati (verdi e bianchi), già da tempo applicati nel campo energetico, con i quali, posto l’obbligo normativo di immissione nel mercato di una certa quota di energia pulita, si va a creare un mercato di titoli (certificati) incorporanti quote di energia pulita funzionale il cui prezzo, che aumenta al diminuire della disponibilità dei titoli, dovrebbe disincentivare l’acquisto dei certificati e spingere, al contrario, all’adeguamento della produzione ai parametri normativi di sostenibilità (in punto di CBAM, si veda, in questo senso il considerando 24).

Dietro al carattere “ambientale” del CBAM, premono però anche importanti esigenze di protezione del mercato interno europeo. Come si è già accennato, le riforme richieste dal Green Deal per convertire il sistema economico-produttivo europeo all’insegna della sostenibilità ambientale ha imposto nuovi e non indifferenti costi (economici, organizzativi e regolamentari) agli operatori economici europei.

Innanzi ad uno scenario internazionale non ugualmente impegnato sul fronte ambientale, la produzione europea rischia di non poter sostenere il confronto con le merci estere non gravate dal “peso” economico dei requisiti normativi di sostenibilità ambientale. Rischio a cui si aggiunge, come naturale conseguenza, la rilocalizzazione delle imprese europee verso Paesi terzi che applicano meno oneri ambientali (c.d. carbon leakage), obiettivo, questo, che lo stesso regolamento CBAM intende contrastare.

Va, tuttavia, osservato come questa forma di protezionismo commerciale, giustificata dalla necessità di dar effettiva attuazione alle politiche di climate change, non sia propriamente una novità all’interno dello scenario internazionale attuale. Infatti, il mito della globalizzazione e della libera circolazione delle merci si sta lentamente incrinando, a fronte di sempre più numerose politiche protezionistiche condotte dagli Stati, specie in ambiti altamente strategici (si pensi, ad esempio, al Chips Act statunitense che impone misure restrittive all’esportazione dei microchip verso la Cina).

Seppur lodevole sia la finalità ambientale in senso lato perseguita dal CBAM, all’interno di uno scenario internazionale così frammentato, tale sistema non esclude possibili alterazioni delle dinamiche di mercato a danno dell’Unione Europea stessa, che potrebbe rimaner penalizzata nei casi di acquisto di merci di sola importazione estera, specie di importanza strategica. In ragione di ciò, il grado di efficacia della normativa del CBAM sembra dipendere in buona parte dalla diffusione di strumenti simili all’interno del mercato internazionale.

In breve, la vera sfida che dovrà fronteggiare il CBAM non sarà tanto e solo quella di evitare l’elusione delle discipline europee di contrasto al cambiamento climatico per mezzo della rilocalizzazione delle emissioni. La sfida principale sarà, piuttosto, individuare il punto di equilibrio tra istanze di protezionismo del mercato europeo e sostenibilità economica degli effetti del nuovo dazio “ambientale” per gli operatori europei.

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (5 votes, average: 5,00 out of 5)
Loading...

Lascia un commento

Your email address will not be published.